IL MIO VIAGGIO IN PERU': 2° PARTE
DA AREQUIPA A CUZCO, VIAGGIO SULLE ANDE SOPRA I 3000 METRI 🌄
Ho sperato di vedere Machu Picchu come si aspettano le cose più belle ed intense della vita. Ho immaginato come potesse essere, attraversare il Perù, l’oceano, il deserto e le Ande per arrivare fin qui. Ma la verità è che non avrei mai potuto immaginare quello che è stato davvero: la bellezza, l’incredulità, l’emozione di esserci arrivata davvero, di avercela fatta. La chiamano Meraviglia del Mondo e per una volta mi trovo d’accordo con un’etichetta: è un luogo di pura magia.
Grazie Vecchia Montagna, non è un addio, ma un arrivederci. 💓
Ripartiamo con la seconda parte del mio viaggio in Perù!
Nel post precedente ci eravamo fermati ad Arequipa, dopo un viaggio di sei giorni lungo la costa del paese, tra l’oceano e il deserto, passando per Lima, Paracas e Nazca.
Ora invece è tempo di raccontare la parte più impegnativa ma più stupefacente di quest’esperienza, che ha avuto luogo in una delle catene montuose più leggendarie del mondo: le Ande.
6° TAPPA: ROAD TRIP DA AREQUIPA A PUNO, NELLE TERRE SELVAGGE
Il nostro settimo giorno di viaggio è cominciato alle 7.15, quando Edwin, il nostro prode autista per la giornata, ci ha prelevato dal nostro hotel Casa Andina Arequipa.
È stato Edwin ad accompagnarci nella nostra prima vera esperienza ad alta quota, insegnandoci tutti i trucchi del metodo più usato in Perù per contrastare gli effetti dell’altitudine: le foglie di coca.
Noi le abbiamo acquistate in un piccolo negozietto poco fuori dal centro di Arequipa: con pochi soles abbiamo conquistato il nostro malloppo e ci siamo messi in marcia verso i 4000 metri.
🌿Ci sono varie correnti di pensiero su quale sia il modo più giusto per utilizzare le foglie di coca. Noi abbiamo seguito il metodo consigliato da Edwin: abbiamo preso un pezzetto di argilla (incluso nel “kit”) utile ad accelerarne gli effetti e lo abbiamo masticato insieme a qualche foglia di coca per circa 10/15 minuti. Non vanno ingoiate ma sputate una volta ridotte in poltiglia. Sarò sincera: fanno abbastanza schifo. 😅 Ma fanno il loro dovere, infatti noi non abbiamo avuto problemi...almeno per il viaggio in auto. 😁 Tra l’altro in Perù vengono molto usate anche a bassa quota per il loro effetto energizzante e perché ricche di calcio.
Il tragitto Arequipa-Sillustani è stato di circa sei ore, ed è stato bellissimo: Edwin ci ha fatto fermare in diversi punti per cogliere al meglio l’essenza delle “terre selvagge” peruviane.
Viaggiare in auto sulle Ande è davvero surreale: si fa fatica a credere di trovarsi a quelle altezze. Il dislivello infatti non è improvviso e ripido come sulle montagne italiane, ma graduale; le strade sono lunghe rette che si snodano tra lande desolate e montagne le cui cime a poco a poco si avvicinano sempre di più. È solo in quei momenti che ti rendi conto di essere davvero salito d’altitudine. Per chilometri e chilometri non ci sono case, negozi, baracchini, nulla. Potreste trovare solo qualche venditore di indumenti di lana d’alpaca, da cui potrete comprare autentici souvenir da portare a casa.
🐫Una delle cose più emozionanti del percorso è stata sicuramente vedere le vigogne in libertà. Le vigogne insieme ai guanaco, agli alpaca e ai lama sono i camelidi simbolo del Perù. Le prime e le seconde sono selvatiche e si trovano principalmente nel loro habitat naturale, gli altipiani delle Ande. Le vigogne viaggiano in piccoli nuclei familiari e i maschi sono molto territoriali, tanto che non è difficile vedere lotte sanguinolente tra capifamiglia rivali. Le femmine hanno in genere un solo cucciolo ogni due anni. La lana delle vigogne è molto pregiata ed è per questo che, nonostante siano selvatiche, vengono marchiate in modo da poter essere tosate ogni due anni circa.
Lungo il tragitto abbiamo visto anche interi “greggi” di alpaca, che invece vengono allevati e addomesticati principalmente per la loro lana – non per la carne, che in genere viene offerta ai turisti ma non mangiata dai peruviani.
Un’altra tappa importante del nostro road trip è stata il Crucero Alto, punto in cui si arriva a 4528m di altitudine: proprio qui abbiamo raggiunto l’altitudine massima del nostro viaggio.
❗Consiglio: anche se vi verrà voglia di correre e saltare dappertutto per l’emozione di quello che vedrete, cercate di prestare attenzione. A queste altitudini (anche se potrebbe non sembrarvi) il corpo è sotto pressione e anche una piccola corsa potrebbe affaticarvi.
In una delle poche tiendas che abbiamo trovato, abbiamo fatto rifornimento di cibo, e qui, oltre ad un buonissimo sandwich all’avocado (fun fact – not so fun 😅: da quando siamo tornati non sono più riuscita a mangiare avocado. Quelli che si trovano in Italia sono terribili rispetto a quelli in Perù!), abbiamo provato anche un’infusione di diverse hojas tra cui ovviamente le foglie di coca e la muña, un’altra erba molto usata e simile alla menta. Dicono sia ottima contro il mal di testa.
Verso la fine del nostro viaggio in auto, Edwin ci ha mostrato anche le infinite distese di campi di quinoa (anche questa, buonissima e usata in tantissime ricette!) e patate. In Perù si stima esistano più di tremila varietà di papas e ogni ricetta prevede quindi la patata più adatta da utilizzare… altro che quelle per tutti gli usi che vendono in Italia. 😏
🌊Verso l’ora di pranzo siamo arrivati a Sillustani, meravigliosa necropoli preincaica situata nei pressi del lago Umayo, a 3800m di altitudine. Ad aspettarci, la nuova guida Cindy.
Oggi il sito archeologico si raggiunge tramite una scalinata di circa 200 gradini o attraverso una comoda mulattiera (preferibile per non sforzarsi troppo in alta quota); un tempo però Sillustani era un’isola in mezzo al lago e si poteva raggiungere solo in barca. Ad oggi nessuno vuole navigare il lago Umayo: si dice infatti che un’intera città sia sommersa sotto le sue acque e che attraversarle porti sfortuna. Se vedrete qualche puntino in lontananza si tratterà solo dei guardiani del lago, una famiglia che vive al centro del bacino e che si occupa della sua custodia.
Leggende e presagi a parte, il panorama che si scorge dalle sponde del lago è mozzafiato.
La costruzione del sito di Sillustani venne cominciata da civiltà preincaiche e proseguita successivamente dagli inca. Diversi re e nobili inca vennero sepolti qui, sia sotto il suolo che nelle grosse torri ancora oggi visibili. La torre principale, che oggi vedete semi distrutta, venne danneggiata da un fulmine nel ‘900.
Fortunatamente gli spagnoli non riuscirono mai a mettere le mani sui tesori sepolti, tanto che chili e chili di oro e di altri suppellettili vennero rinvenuti solo successivamente da esploratori e ricercatori. Gli spagnoli infatti pensavano che le torri fossero in realtà dei magazzini, a causa degli ammassi di cibo che venivano stipati qui per accompagnare le salme nell’aldilà.
Gli spagnoli furono però responsabili del fatto che Sillustani non venne mai terminata. Una parte della popolazione che se ne occupava infatti all’arrivo di Pizzarro fuggì spaventata verso il lago Titicaca; la restante parte si dedicò alla ricerca dell’oro richiesto dai conquistadores per la liberazione dell’ultimo re inca che in realtà, nonostante gli sforzi dei suoi sudditi, non avvenne mai.
Dopo la visita a Sillustani, Cindy ci ha accompagnati nella piccola abitazione di un contadino del posto, dove abbiamo potuto vedere da vicino un lama e un alpaca dando loro da mangiare. Oltre a questa magica esperienza, questo signore ci ha permesso di vedere tutte le sue creazioni (in lana d’alpaca ma non solo) e di assaggiare alcuni cibi tipici, come la patata - bollita nel suo piccolo forno in pietra - con una salsa a base di argilla. Cindy ci ha spiegato che è un piatto molto diffuso e adatto per chi soffre di problemi stomaco. Io personalmente non mi sono fidata di mangiarlo. 😬
Il suo cortile ospitava anche un piccolo allevamento di porcellini d’India che purtroppo in Perù allevano e di solito mangiano durante le cene di compleanno. 😭
Nel tardo pomeriggio siamo infine arrivati in albergo, il Sonesta Posada, affacciato sulle sponde del Lago Titicaca, poco distante dal centro di Puno.
Nel tragitto verso la città abbiamo avuto un assaggio del lato più povero di questo paese. Il centro di Puno è un sali scendi di strade spoglie, a tratti trasandate, a volte ricorda un po’ una baraccopoli. Le case sono la cosa che ci ha colpito più di tutto: si potevano contare sulla punta delle dita quelle finite. La maggior parte erano ancora tutte al grezzo, con parti mancanti e mattoni a vista: noi abbiamo pensato a ragioni legate alla povertà, ma invece Cindy ci ha spiegato che è uno stratagemma che le persone usano per evitare di pagare una tassa richiesta sulle case completate. Quali che siano le cause, questa cosa rende la città abbastanza fatiscente.
Il nostro albergo quindi, molto bello, grande e curato, stonava abbastanza col resto della città.
L’arrivo al Sonesta Posada è stato uno dei momenti più difficili del viaggio. Nonostante la percezione fosse quella di trovarsi in pianura, eravamo in realtà a 3800 metri di altitudine e dopo il viaggio e la camminata a Sillustani ne siamo usciti un po’ provati. In alcuni momenti abbiamo avuto un po’ di paura, perché la sensazione di non respirare è stata prepotente soprattutto nelle prime ore e ogni volta che cercavamo di riposare. Per fortuna però con il passare del tempo è andata sempre meglio.
Tuttavia in serata abbiamo dovuto fare i conti con noi stessi e decidere: andare comunque sulle isole galleggianti del Lago Titicaca l’indomani, rischiando di peggiorare la nostra condizione e perderci la visita di Macchu Picchu (di lì a due giorni!) o concederci un giorno di riposo dal viaggio e restare in albergo a riprenderci? Alla fine, con grande rammarico, abbiamo optato per la seconda scelta.
È stato veramente triste perderci quella meravigliosa escursione, ma in cuor nostro sappiamo di aver fatto la scelta giusta. Dopo aver aspettato tre anni per andare in Perù non potevamo in alcun modo rischiare di perderci la visita della Vecchia Montagna.
La vista dalla nostra camera comunque ha un po’ alleviato la tristezza. 😍
7° TAPPA: VERSO LA VALLE SACRA, IL PASSO DE LA RAYA E IL TEMPIO RAQCHI
Trascorsa la giornata di riposo in albergo, la mattina del nono giorno ci siamo svegliati molto presto per raggiungere alle 6.30 la stazione di Puno. Qui abbiamo preso un furgoncino turistico condiviso con altri quattro turisti di diverse nazionalità e con Roli, la guida del giorno, ci siamo addentrati nel viaggio verso la Valle Sacra.
Anche questa giornata è stata molto itinerante: abbiamo trascorso dieci ore sul mini van facendo diverse tappe, il che ha reso il tragitto poco pesante e molto interessante.
🗿La prima tappa è stata il piccolo Museo Pukara, che prende il nome dall’omonima civiltà di cui espone diverse testimonianze. Grazie alle spiegazioni di Roli abbiamo avuto modo di comprendere a pieno il fascino di quello che era esposto nelle varie sale: ceramiche, statue, tessuti, mummie rinvenute a Sillustani, il Quipu – il sistema di contabilità inca che impiegava corde e nodi – e le numerosissime offerte alla Pacha Mama recuperate nei vari siti archeologici. Un’ala molto carina del museo ospita tutti gli oggetti donati alla fiera della città di Puno: piccole miniature di tutto ciò che la persona spera di realizzare nella vita: un buon lavoro, la laurea, il matrimonio, ecc. Un angolo dei sogni a portata di mano! 😍
A Pukara Roli ci ha anche raccontato la tradizione dei tori, che compaiono a coppie sui tetti di molte case della zona: al principio la coppia di tori era formata da lama, animale simbolo per le culture peruviane. Con l’arrivo degli spagnoli però gli abitanti del luogo furono costretti a sostituirli con animali più “occidentali” che i conquistadores non vedessero di cattivo occhio. In ogni caso la coppia di animali è considerata un simbolo di unione, protezione e progresso e per questo è di buon auspicio tenerli sulla cima delle case.
🗻La seconda tappa del nostro viaggio è stato il passo de La Raya, a 4300 metri di altitudine: La Raya è la terza ferrovia più alta al mondo! Anche qui il panorama è incredibile, intorno a voi si stagliano solo cielo, montagne e natura. Vi sembrerà di toccare le nuvole con un dito.
Il percorso verso il ristorante dove abbiamo pranzato ci ha offerto poi degli scorci di vita vera indimenticabili: tra il verde delle radure e l’ocra dei campi, abbiamo incrociato moltissime donne pastori che con i loro vestiti tipici, i lunghi capelli neri intrecciati e le enormi ceste camminavano verso le loro case. Mi è sembrato quasi un privilegio poter osservare queste scene di vita quotidiana dal finestrino; mi ha fatto capire come mai in certi paesi, e soprattutto in Perù, sia ancora così forte e autentico il rapporto con Madre Natura, da cui le popolazioni locali dipendono fortemente per il loro sostentamento.
Non ricordo il nome del ristorante dove ci siamo fermati a mangiare, ma anche questo è stato un bel momento: non solo perché il pranzo era a buffet, quindi abbiamo potuto assaggiare tantissime cose tipiche (ovviamente patate in mille ricette diverse e la mia amata quinoa), ma perché abbiamo avuto modo di parlare anche con gli altri turisti che viaggiavano con noi e di conoscere le loro storie di viaggio.
🌀Dopo pranzo abbia raggiunto la penultima tappa della giornata: Raqchi e il tempio inca dedicato alle divinità Wiracocha. Se avete visto Lost, in questo posto vi sentirete un po’ immersi nelle atmosfere dell’Isola: in mezzo ad un’enorme distesa verde si staglieranno di fronte a voi i resti del tempio, enormi pareti alte fino a 14 metri fatte di pietra e adobe. Camminare di fianco a questo monumento è stato incredibile.
Si crede che quello di Wiracocha fosse il tempio del sole e che qui venissero effettuate le tradizionali cerimonie durante il solstizio d’inverno.
Il sito di Rachqui non è costituito però solo dal tempio: all’interno dei suoi mille ettari ospita molte altre zone di enorme importanza storica, come le 156 colcas, i magazzini dove le popolazioni inca conservavano cibo e scorte. È possibile entrare all’interno di una colca e ammirare la solidità di queste costruzioni che resistono perfettamente ancora oggi dopo centinaia di anni. Al loro interno gli inca avevano creato un ingegnoso sistema di aerazione, che aiutava a mantenere le provviste in ottimo stato più a lungo.
Terminata la visita di Rachqui, ci siamo rimessi in viaggio. Prima però abbiamo assistito ad una scena meravigliosa 😭: un gruppo di lama che veniva fatto salire uno alla volta nel mini van di una famiglia… Come delle vere personcine. 😍
⛪L’ultima tappa della giornata è stata la chiesa di Andahuayllas, definita la “Cappella Sistina sudamericana”. Senza nulla togliere alla bellezza di questo luogo, definirla così mi è sembrato un po’ esagerato. 😅 La chiesa è davvero bella, riccamente affrescata con scene raffiguranti l’inferno e il paradiso, e un altare completamente laminato in oro. Ma la Cappella Sistina di Michelangelo, è sicuramente un’altra cosa. All’interno della chiesa, in cui non è permesso fare foto, sono conservati anche i due organi più antichi del Sud America, risalenti al 1600.
Fuori dalla chiesa, ormai nel tardo pomeriggio, ci aspettava la mia guida preferita, che è stata con noi tutti e tre i giorni passati nella Valle Sacra: Carmen. Una delle persone più di cuore (e di parole!) che abbia mai conosciuto. Ci siamo proprio affezionati e ancora oggi ripensando a lei ci scappa un sorriso.
Carmen ci ha accolti con una notizia pessima considerato il nostro livello di stanchezza: al nostro alloggio mancavano ancora due ore di tragitto! Per mio marito (che, spoiler, al ritorno a casa abbiamo scoperto avere il COVID😶) è stato un vero viaggio della speranza. Io ho cercato di resistere, inebriata dalle decine di domande e storie che Carmen ha ci proposto lungo la strada. Lui invece era abbastanza disperato.😁
Finalmente, dopo due ore di ricette a base di patate e racconti vari sul Perù, Carmen ci ha lasciati al nostro albergo: Villa Urubamba, un posto spettacolare, immerso in un giardino paradisiaco. Purtroppo non ce lo siamo goduti molto, essendo arrivati col buio e ripartiti di mattina presto, ma è stato davvero uno dei posti più belli in cui abbiamo mai soggiornato.
8° TAPPA: AL DI LA’ DEL FIUME URUBAMBA, OLLANTAYTAMBO E MACHU PICCHU
Il decimo giorno in Perù è stata la giornata più magica non solo di questo viaggio, ma probabilmente della mia vita. Non riesco a spiegare il senso di attesa e l’emozione provati… Le paragonerei a quando da bambini si credeva ancora a Babbo Natale e lo si aspettava con fermento la notte del 24 dicembre.
Vedere questi luoghi e soprattutto vedere Machu Picchu è una di quelle cose che ancora non riesco a credere di aver fatto sul serio. Riguardo le foto e mi sembrano un fotomontaggio: sono stata lì davvero?
Si possono guardare tutti i documentari, le foto e i video di questo mondo, ma nulla riuscirà a rendere la sacralità di un posto simile. Definirlo Meraviglia del Mondo non è una banalità: è essenzialmente quello che è.
Ma partiamo dall’inizio. 🙆
🏯La città fortezza: Ollantaytambo
Alle 7.30 circa Carmen è venuta a recuperarci a Villa Urubamba e con un transfer ci ha accompagnati verso la prima tappa della giornata: Ollantaytambo. È il sito archeologico più importante della Valle Sacra, area definita dal bacino del fiume Vilcanota-Urubamba, ed è noto per essere stato luogo di una delle rare vittorie degli inca contro gli spagnoli.
Ollantaytambo si divide in un settore religioso e uno urbano.
♰ Il primo, la parte più famosa ed impressionante di questo sito, è costituito da diversi terrazzamenti che si elevano fino alla cima della collina che domina questa valle. In principio visto come una fortezza, in realtà ora viene dai più considerato un monumento dedicato al culto religioso. Gli ampi terrazzamenti erano probabilmente impiegati per le produzioni agricole: si pensa che gli inca provassero a coltivare prodotti diversi sui vari livelli per capire come reagissero alle altitudini differenti. Procedendo lungo le immense gradinate si arriva in cima e qui, oltre ad avere una vista spettacolare sul paese sottostante, si può ammirare il Tempio del Sole con le sue mura ciclopiche; ancora oggi è un mistero come dei massi così grandi e di forma così perfetta siano stati trascinati fin quassù e utilizzati per questa costruzione. La cosa più incredibile è che questo tipo di pietre può essere stato estratto solo nelle vicine cave di Kachiqata, che distano 7 km da Ollantaytambo e sono separate da quest’ultima dal fiume Urubamba.
La visita del settore religioso si conclude nella parte bassa, con il maestoso sistema di fontane (ancora in funzione) e un piccolo gruppetto di alpaca che brulica nell’ampio prato.
🌆Il settore urbano invece corrisponde all’attuale paese di Ollantaytambo, costruito come Cuzco sulle rovine inca. Questa piccola cittadina si caratterizza per la disposizione ortogonale delle strade, che sono tutte acciottolate e arricchite ai lati da dei piccoli canali d’acqua che arrivano fino agli ingressi delle case.
Ad Ollantaytambo si notano i segni del turismo, legato soprattutto a coloro che percorrono il Camino Inca fino a Machu Picchu: sono presenti piccoli ostelli, lavanderie, negozi di souvenir, e così via.
⛰ La città perduta: Machu Picchu
Dopo questa prima visita, alle 10.30 abbiamo raggiunto la stazione di Ollantaytambo per prendere il treno panoramico verso Machu Picchu Pueblo, un tempo noto come Aguas Calientes. Il viaggio di circa un’ora e mezza è stato davvero bellissimo: si costeggia il fiume e a mano a mano ci si addentra in un paesaggio sempre più “pluviale” che contraddistingue la zona. Nel treno una voce registrata descrive brevemente quello che si ammira fuori dal finestrino e fornisce qualche dato su Machu Picchu.
Da qui in poi si è compiuta la magia: innanzitutto, a mio marito sono incredibilmente spariti i sintomi del mal d’altura…cioè del COVID. 😆 Scherzi a parte, credo abbia aiutato il fatto che a Machu Picchu si scende di altitudine, arrivando a 2430 metri. Comunque è stato tutto davvero perfetto, un po’ come essere in una bolla fuori dal mondo.
Arrivati a Machu Picchu Pueblo, siamo stati accompagnati al ristorante Inka Tierra: anche questo un posto pazzesco dove abbiamo mangiato divinamente.
Guardate ad esempio la mia causa de pollo, piatto tipico della cucina peruviana a base di pollo, patate, cipolle, avocado e una salsina speciale fatta con lime e peperoncini aji amarillo. 😍
Alle 13.30 è arrivata la nostra guida per la visita di Machu Picchu, Sandra. Lei è davvero un pozzo di conoscenza: vive proprio a Machu Picchu Pueblo e sa TUTTO di questo sito. Tra l’altro parla perfettamente italiano senza mai essere stata nel nostro paese!
Per arrivare all’ingresso del sito ci sono vari autobus che partono dal centro di Macchu Picchu Pueblo; andare a piedi è possibile ma molto impegnativo. Preparatevi comunque perché abbiamo pregato di arrivare vivi fino a destinazione. 😅Le vie infatti sono molto strette, a stra piombo ma a doppio senso, e quando si incrocia un altro mezzo ti sembra veramente la fine. Meno male che gli autisti sono espertissimi e non fanno una piega in queste situazioni... Al contrario nostro!
All’entrata di Machu Picchu ci sono dei tornelli dove mostrare il biglietto e un guardaroba per i bagagli più ingombranti. Vi suggerisco di lasciare qui quanto non vi servirà durante la visita: meglio viaggiare leggeri per percorrere il sentiero in salita e godersi al massimo tutto.
I punti panoramici più celebri di Machu Picchu non sono visibili fin da subito: bisogna intraprendere un percorso di scalinate che poco a poco ti porta fino in cima.
Il tragitto è un misto tra una strada di montagna e un sentiero nella giungla; non è impegnativo, ma nemmeno banale, contando l’altitudine superiore ai 2000 metri. In ogni caso rientra perfettamente tra le caratteristiche del paesaggio in cui quest’incredibile città è stata costruita.
La storia di Machu Picchu non è millenaria, eppure nasconde un fascino che pochi altri posti nel mondo possono vantare. La bellezza di questo sito risiede soprattutto nella comunione totale tra opera umana e natura: il villaggio infatti è stato costruito con le pietre della montagna Machu Picchu ("Vecchia Montagna"), da cui il sito prende oggi il nome. Sembra un proseguimento del monte e questo rende ancora più stupefacente il fatto che possa essere stato costruito dalle mani dell’uomo.
Anche la vicenda della sua scoperta è molto affascinante. Fu l’esploratore inglese Bingham a scoprire il sito nel 1911, mentre cercava la mitica città di El Dorado. Accompagnato da un contadino del luogo, Bingham scoprì un luogo totalmente diverso da come lo vediamo oggi: completamente sepolto dalla vegetazione e abitato, da due famiglie. Bingham restò 4 anni in Perù, per disboscare e “pulire” Machu Picchu. Quando però ripartì, il sito rimase di nuovo lasciato a se stesso fino agli anni ‘40, quando il paese ne comprese le potenzialità turistiche e decise di sistemarlo e salvaguardarlo.
La costruzione della città perduta cominciò nel 1450 e si interruppe un secolo dopo. A tutti gli effetti venne abitata solo per trent’anni prima che venisse abbandonata. Non si sa con certezza come mai questo avvenne, si pensa a tre possibili cause: il vaiolo, portato dagli spagnoli; delle guerre fratricide; o i conquistadores, spalleggiati da alcune popolazioni preincaiche che non avrebbero visto di buon occhio l’insediamento della nuove civiltà. Purtroppo non sapremo mai qual è la verità, dato che non ci sono testimonianze scritte lasciate dalle popolazioni inca.
E come mai venne scelta proprio questa montagna? Per tre fattori soprattutto: il tipo di roccia, facilmente lavorabile; l’acqua, dato che il fiume Urubamba scorre a poche centinaia di metri più in basso; e la posizione strategica, che rendeva questa città inespugnabile.
Per la visita di Machu Picchu occorrono almeno tre ore; noi siamo stati dentro tre ore e mezza e credetemi, il tempo è davvero volato. Abbiamo avuto l’enorme fortuna di vederlo praticamente vuoto, infatti c’erano pochissime persone a causa della mancanza di turismo post COVID ma soprattutto post proteste. Di solito invece il sito ospita migliaia di persone al giorno.
Sandra ci raccontava che i momenti migliori per goderne al meglio sono all’alba oppure nel pomeriggio, quando il flusso di turisti sta ormai defluendo verso altre mete.
Quando arriverete finalmente al primo punto panoramico il cuore smetterà di battervi in petto per qualche secondo. La città perduta è lì davanti a voi, se ne sta silenziosa ad osservarvi mentre voi cercate di capire come una cosa del genere possa davvero essere stata costruita. Vorrete fare migliaia di foto e video, ma ragazzi, quello che dovrete fare è chiudere gli occhi, riaprirli e assaporare la magia di questo posto pazzesco.
Il secondo punto panoramico, con una vista altrettanto nota e più focalizzata sulla città, è altrettanto meraviglioso.
Il sito viene generalmente distinto in due zone, quella agricola e quella urbana. Le due sono divise da una faglia naturale grazie alla quale viene alimentato il sistema di 16 fontane che ancora oggi è in funzione.
Nella zona urbana, oltre alle case di nobili e civili accuratamente separate come richiedeva l’epoca, si trovano molti altri luoghi di interesse come il Tempio del Sole, le case delle Vergini (a servizio del Re Inca) e l’Osservatorio, al momento chiuso al pubblico perché pericolante.
Ci siamo diretti verso l’uscita verso le cinque e mezza, con la luce del sole che calava e che ci ha regalato degli altri scorci meravigliosi.
Per rientrare a Machu Picchu Pueblo abbiamo dovuto riprendere un bus e con Sandra abbiamo fatto un ultimo giretto in mezzo a tutte le bancarelle del centro che vendono centinaia di souvenir diversi.
Alle 18.30 abbiamo salutato la nostra bravissima guida e ripreso il treno; durante il tragitto ci hanno dato qualcosina da mangiare e anche se avremmo voluto riposare un po’ non siamo riusciti per colpa dell’intrattenimento un po’ troppo “vivace” della compagnia ferroviaria. 👹
All’uscita dalla stazione di Ollantaytambo ci attendeva l’ultimo transfer della giornata, che dopo due ore di strada ci ha lasciati all’hotel Xima in quella che è stata l’ultima tappa del viaggio in Perù: Cuzco.
Nel tragitto verso Cuzco le strade sono assurde: sono dritte e praticamente vuote, quindi si prestano ad altissime velocità. Per ovviare a questo problema però, anziché prevenire con autovelox o simili, ci sono taaantissimi dossi. No davvero, non ho mai visto così tanti dossi in vita mia: corri per 1 km e dopo poco devi frenare di colpo perché così, a caso, ne trovi uno altissimo da scavalcare. Capisco la prudenza ma… Aiuto!
9° TAPPA: LA CITTA’ SOPRA LE ROVINE, CUZCO
Nel nostro penultimo giorno, Carmen ci ha portato alla scoperta dell’antica capitale del Tahuantinsuyo, come veniva chiamato l’impero inca.
Cuzco è una città davvero bellissima, dove il vecchio spirito inca riposa nelle rovine su cui sono stati costruiti gli edifici e i monumenti dell’epoca della conquista. Questa sovrapposizione è tipica di molte città peruviane, ma qui a Cuzco è ancora più evidente.
Di primo mattino abbiamo fatto tappa in alcuni siti nei dintorni dell’ex capitale e in particolare:
⛪A Canicunca e Huaro, nelle due piccole chiese costruite anch’esse sopra precedenti costruzioni inca. Purtroppo non ho foto dell’interno da mostrarvi, perché sono vietate, dato che le pareti affrescate sono già notevolmente degradate dal tempo e dalla mancanza di restauro di cui soffrono diversi luoghi storici in Perù. Sono comunque delle costruzioni molto suggestive, chiese diverse da quelle a cui siamo abituate qua in Italia, ma da un certo punto di vista dall’atmosfera più esoterica.
🌀 Alle Rovine Inca di Qenko, sito sopravvissuto al passaggio degli spagnoli. “Qenko” significa “labirinto” e infatti si caratterizza per la presenza di un’intricata rete sotterranea di passaggi che culmina in un altare in pietra posto al centro di un piccolo antro, su cui si pensa venissero effettuate le mummificazioni, pratiche frequenti sulle montagne andine.
🗿Al Parco Archeologico di Sacsayhauman: questo è uno dei luoghi in cui si è conservata meglio l’anima inca della città. La giornata a Cuzco è stata l’unica in cui ha piovuto e qui a Sacsayhauman la pioggia si è fatta più fitta, per cui non siamo riusciti a godercelo tanto come avremmo voluto. Comunque anche questo è un luogo davvero bellissimo; tre file di mura composte da sassi ciclopici alte fino a 9 metri, che fanno da muraglia a quello che resta di un complesso di costruzioni dalle varie funzioni. Dalla collina su cui si erge il sito, si ha una vista meravigliosa di Cuzco dall’alto.
Carmen ci spiegava che all’interno di questo parco ogni 24 giugno, in occasione della Festa del Sole, viene organizzata una rievocazione in cui ci si veste con i costumi dell’epoca inca e si parla solo la lingua Quechua, eredità preziosissima lasciata dalle popolazioni inca.
Prima di tornare nel centro storico di Cuzco, Carmen ci ha portato in una boutique che vende capi di vera lana d’alpaca. Qui, oltre a poter toccare con mano la morbidezza e la preziosità dei capi, ci hanno spiegato le tecniche e i vari tipi di lana d’alpaca. Avremmo (ok, AVREI 😁) davvero voluto comprare tutto, ma considerata la manifattura dei capi potete immaginarne il prezzo.
Prima di addentrarci nella visita del centro storico di Cuzco, ci siamo fermati a mangiare con Carmen in un ristorantino tipico. Questo è stato il pranzo più autentico di tutto il viaggio ed è stato davvero meraviglioso immergersi in queste atmosfere e condividerle con la nostra guida che, tra una portata e l’altra, ci ha raccontato la sua straordinaria storia. Tra l’altro è stato pazzesco perché con 46 soles (circa 11€!), abbiamo preso 3 menù completi e ci siamo decisamente riempiti di zuppe, riso e pollo.
Dopo pranzo ci siamo diretti verso la Cattedrale di Cuzco che, insieme alla Chiesa della Compañía de Jesus, è uno dei simboli più noti della città e della sua Plaza de Armas. Anche questo edificio, come molti altri in città, venne edificato sopra dei palazzi inca ed è davvero enorme.
Alcune cose che ci hanno particolarmente colpito all’interno della Cattedrale:
- in Perù Cristo viene sempre raffigurato con espressione sofferente; in uno dei primi crocifissi visibili appena si entra, è addirittura coperto da una gonnella (il pudore prima di tutto!) e ha una parrucca fatta di capelli veri.
- in una delle navate, si può ammirare un Cristo “nero”; in realtà non è avanguardia, ma semplicemente una statua in legno rivestita d’alpaca, che col fumo delle candele ha finito per “affumicarsi”. Comunque questo enorme crocifisso è estremamente importante per la cittadinanza e viene annualmente trasportato nella tradizionale processione.
- nella navata opposta al Cristo nero, si possono ammirare dei quadri di grandissime dimensioni; in uno di questi è raffigurata l’Ultima Cena, e la cosa curiosa è che Giuda nella rappresentazione è personificato da Francisco Pizzarro.
Il nostro tour della città si è concluso al Qorikancha: è proprio qui che si nota maggiormente come la conquista spagnola abbia cercato (e sia riuscita) a sovrastare la civiltà inca, calpestando non solo in senso metaforico edifici, simboli e abitanti della città. Il Qorikancha era un maestoso santuario inca, di importanza fondamentale per la popolazione e soprattutto per l’imperatore. Al loro arrivo gli spagnoli ne strapparono l’identità costruendovi sopra la Basilica di Santo Domingo. Ad oggi però ciò che è rimasto non è tanto il carattere cristiano di questo posto, ma il suo sangue mezclado: tra i chiostri tipici degli edifici religiosi, spiccano le mura dalle grandi pietre lisce e perfettamente sagomate, che tante volte abbiamo ritrovato in giro per il Perù. E fa specie vedere come al potere del tempo stiano perfettamente resistendo le pareti di origine inca e non tutto quello che gli spagnoli hanno cercato di dipingerci sopra, ormai quasi del tutto sbiadito. Molti punti del Qorikancha sono ricchi di storia e suggestioni, richiami alle divinità del cielo, del sole e della madre terra, sempre presenti in qualsiasi santuario inca che si rispetti.
Nel tardo pomeriggio abbiamo salutato Carmen e prima di tornare in hotel ci siamo fermati al Mercado Artesanal, piccolo mercato coperto dove vi consiglio di fermarvi per acquistare dei souvenir, ad un prezzo molto contenuto. Qui abbiamo trovato tovagliette e runner di lana d’alpaca e di cotone, con le trame e i colori tipici associati al Perù. Ma troverete di tutto: portachiavi, borse, vestiti e oggetti di tutti i tipi.
Il giorno dopo abbiamo avuto la mattinata a disposizione per fare le valigie, perché purtroppo alle 12 abbiamo dovuto lasciare la camera d’hotel. Prima di accompagnarci in aeroporto, Carmen ci ha fatto fare un’ultima meravigliosa tappa al Mercato di San Pedro: un enorme mercato al coperto, non turistico, ma affollato di moltissime persone del luogo che qui mangiano o fanno rifornimento di cibo e beni vari. In questo posto avrete una visione a 360° gradi della cultura peruviana in ambito alimentare e non solo. Vedrete venditori di frutta, verdura, farine, cereali, infusi, decotti, sali, radici dai poteri miracolosi, ma anche vestiti, stoffe, borse, costumi tipici… Davvero di tutto.
Salutare Carmen in aeroporto è stata dura, ma ancora più duro è stato sapere che si stava concludendo un viaggio così denso e profondo. Ci sono poche cose che ti fanno sentire più vivo di prendere le valigie ed arrivare dall’altra parte del mondo, vedere posti nuovi, conoscere persone, vivere esperienze così diverse dal tuo quotidiano e così penetranti. Viaggi così trascorrono in un soffio e quando torni a casa è difficile riprendere il ritmo di sempre; ti sembra che tutto acquisti un senso diverso, anzi, che un po’ il senso lo perda quando ripensi a quello che hai visto e a quello che hai vissuto, a tutto ciò che ti sei lasciato dietro.
Qualcosa scatta dentro di te, un piccolo orologio che giorno dopo giorno scorre finché non segna l’ora giusta, l’ora che aspettavi: l’ora di ripartire.
In Quechua non esiste una parola per dire addio: e addio non è quello che mi sento di dire al Perù, a questo paese meraviglioso che ci ha accolti e ci ha mostrato un ventaglio di bellezze che ho spesso immaginato, ma che mai avrei pensato fossero davvero così.
Querida pacha mama, espero volver a verte pronto. 💗
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